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La concezione dell'individuo come esponente di una "razza", cioè di una "essenza" sovraindividuale, è corrente nella cultura europea della prima metà del XX secolo. Scopo del presente volume è indagare l'impatto di questa "idea dell'uomo" sull'immaginario letterario, il ruolo che la letteratura ebbe nel diffonderla, la resistenza e più spesso la debolezza che la cultura letteraria e filosofica mostrò rispetto alla suggestione da essa esercitata. Le sezioni che compongono il libro ri-velano una partizione disciplinare (storia del pensiero filosofico, politico e scientifico; questioni linguistiche; produzione letteraria) a sua volta attraversata dal gioco dell'egemonia culturale, politica e sociale, poiché la nozione di "razza" è un pensiero forte, al cui centro è posta una soggettività egemone che prevede la relazione con l'"altro" come esercizio di potere. L'ultima sezione accoglie le testimonianze di tre scrittori (Primo Levi, Aldo Zargani e Lia Levi) perché la ragione di ogni indagine storica, così come la sua necessaria meta conoscitiva, sta nella ferita di concreti individui che la storia hanno vissuto. Questo volume vuole contribuire al rifiuto definitivo e radicale del concetto di "razza", e far emergere il nesso che sempre lega attività culturale e responsabilità politica.